La finta libertà nell’era algoritmica

La retorica sulla libertà di espressione promossa da Musk e Vance nasconde una enorme verità: chi controlla gli algoritmi detiene il vero potere censorio nell’ecosistema digitale contemporaneo.

L’attuale sistema crea un’illusione di libertà perfettamente funzionale al mantenimento del potere: tutti possono parlare, ma solo pochi vengono ascoltati. La censura moderna non opera bloccando le voci, ma controllando la loro amplificazione e visibilità. Gli algoritmi proprietari determinano quali contenuti vengono promossi e quali relegati all’irrilevanza, indipendentemente dal loro valore o verità.
Sono gli algoritmi a decidere chi e cosa verrà visto (posizionandolo in cima ai feed) e chi apparirà per ultimo (che in una infosfera da quintilioni di byte di dati al giorno, significa letteralmente restare INVISIBILE). Si chiama Dittatura dell’Algoritmo. Concentrazione di un potere immenso in una sola mano.

Questa “dittatura dell’algoritmo” rappresenta una forma di controllo più sottile ed efficace della censura tradizionale: non necessita di divieti espliciti poiché manipola direttamente l’architettura dell’attenzione collettiva. La concentrazione della proprietà dei mezzi di comunicazione digitali nelle mani di poche entità private, ormai anche governative (esplicita e plastica la presenza all’insediamento di Trump 2025 dei big tech Musk, Zuckerberg, Nadella, Pichai, Bezos… ovvero il mondo social, ai, pc, motori di ricerca, web, ecommerce), completa questo quadro, creando un sistema dove la libertà formale maschera un controllo sostanziale.

La vera domanda democratica non riguarda quindi solo la libertà di parlare, ma il diritto di essere visibili nell’agorà digitale senza discriminazioni determinate da interessi commerciali o ideologici dei proprietari delle piattaforme.